di Marco Pontis | pubblicato da Independently published (16 marzo 2021)
venduto da Oceanon
Non smetterò mai di ringraziare prof. Antonello, severo quando necessario ma anche complice, amico e punto di riferimento sicuro e imparziale. Lui è riuscito a trasmetterci l’amore per la ricerca e per la letteratura, pur facendoci sgobbare parecchio e non regalandoci nulla. Ma il regalo più grande che ci ha fatto è stato sicuramente quello di permetterci di comprendere che dietro qualsiasi opera (un libro, una canzone, un quadro o una scultura) c’è una donna o un uomo diverso, travagliato, gettato al mondo e che ci sono infiniti modi di intendere la realtà, nessuno dei quali può andare bene per tutti indistintamente o può essere definito aprioristicamente e indiscriminatamente giusto. Lui è stato l’unico vero Professore in grado di fornirci un metodo di studio per affrontare qualsiasi argomento, per studiare in modo efficace a seconda del nostro stile di apprendimento e degli strumenti a noi più congeniali, chiaramente diversi per ciascun alunno. L’unico a dirci che, a prescindere da ciò che la società ci restituisce, noi valiamo per ciò che siamo e che, anche quando pensiamo che tutto vada per il verso sbagliato, possiamo nutrirci di letteratura, di bellezza, di solidarietà per migliorare il nostro mondo e così la nostra vita e quella degli altri. L’unico a farci quantomeno intravedere le nostre potenzialità e la sacralità del nostro essere oltre qualsiasi difetto, fallimento o miseria umana. L’unico a dirci che possiamo anche essere fragili e che, sicuramente, nel corso della nostra vita prima o poi lo saremo tutti e questo non è affatto sbagliato. Tutti gli altri docenti, religione escluso, facevano invece «la lezione». È possibile che ancora oggi la scuola, unica istituzione che può davvero salvare i ragazzi, permetta a tanti docenti di insegnare qualsiasi disciplina senza avere le minime conoscenze su come funziona l’apprendimento, su cosa è necessario mettere in campo per realizzare una buona didattica ma soprattutto senza conoscere minimamente i propri alunni? Questi interrogativi mi hanno tormentato per mesi. Solo pochi giorni fa ho trovato la risposta a queste domande studiando l’Emilio di Jean Jacques Rousseau. Ho compreso che non sono un visionario ma che, già nel lontano 1762, il famoso pedagogista scriveva: “Se vuoi insegnare il latino a Giovannino che cosa devi conoscere? Mi dirai: il latino. Io ti dico, no: prima devi conoscere Giovannino”.
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